Continua nella migliore tradizione di un confronto costruttivo – l’intento dichiarato di Giordano Sangiorgi e del sottoscritto è quello di arrivare a una migliore e più chiara definizione di ciò che debba o non debba essere incluso in una chart speciale – il dialogo intorno alla compilazione della classifica Indie Music Like del MEI/AudioCoop. Questa volta ad intervenire è il pianista e compositore torinese Paolo Ricca.
POALO RICCA (MUSICISTA): Mi è capitato negli anni passati di lavorare sia con le major che con le indipendenti e per quanto riguarda le problematiche tecnico-logistiche concordo con fino a qua detto per quanto riguarda i pregi e i difetti delle due situazioni. Vorrei sottolineare un aspetto già evidenziato da Finardi nel suo intervento: la produzione artistica all’interno dei due contesti. Per quanto riguarda il mio progetto musicale personale, collaboro con un’etichetta indipendente, la ElectRomantic Music di Beppe Crovella. Sono stato fortunato, ed i problemi evidenziati da Eugenio di ingerenza da parte del titolare dell’etichetta nelle varie scelte artistiche non sono proprio presenti; anzi, al contrario, i suoi interventi sono da me spesso richiesti, e qui tocco il punto che mi interessava evidenziare. In alcuni casi nelle produzioni indipendenti ho constatato che si è sottovalutata la figura di quello che potrei definire una “sponda artistica” dell’artista stesso, una persona con cui confrontarsi riguardo le scelte e l’indirizzo del progetto musicale. Eugenio, da artista esperto qual è, ha scelto di collaborare con il mio concittadino Max Casacci e d’altronde anche i Beatles, che quanto ad idee e personalita’ non difettavano senz’altro, avevano il loro George Martin. Personalità così si trovano ovviamente anche all’interno delle major, ed il fatto che cambino spesso puo’ essere un bene ed un male; un ricambio è salutare, pero’ a volte mi è successo di intraprendere progetti che poi venivano bloccati dal successivo direttore artistico, che non supportava più il progetto. Quindi si all’indipendenza ed alla collaborazione!
DOC INDIE: Già, pregi e difetti dell’una o dell’altra soluzione. Certamente l’aspetto artistico, che tocca molto da vicino voi artisti, è da tenere in assoluta considerazione. Così come quello su cui tanto insisto dall’inizio della discussione, ovvero l’accesso di un prodotto musicale ai media. Tutto quello che succede prima di questa cruciale fase è ovviamente importantissimo ma lo è anche – scusa se insisto come un rinoceronte a testa bassa – quello successivo in cui l’artista e il discografico indipendenti si trovano con il prodotto finito in mano e il gravoso problema di come farlo arrivare al pubblico. Nel nostro caso, ormai ci conosciamo da anni, dai tempi in cui esisteva ancora il cartaceo di Musica & Dischi, la cosa ha funzionato bene e tu e Beppe Crovella siete riusciti a conquistare la mia curiosità. Ma per molti altri, colpa anche mie momentanee distrazioni, distrazioni tipiche di noi giornalisti, tutto ciò non si è verificato. Voi avete sfruttato una piccola finestra e vi ci siete abilmente infilati. Per i prodotti indie purtroppo va così. Un disco in mano a una major, invece, trova sempre, per un motivo o per l’altro, le porte spalancate. Spesso noi critici siamo presi per sfinimento dal bombardamento musicale e cediamo alle loro offerte. Inutile sottolineare che ora, con la crisi che stritola il settore discografico, molte major hanno riscoperto di essere “indie” e si siano buttate con tutta la loro forza residua per conquistare spazio che in realtà sulla carta non dovrebbero competere loro. Probabilmente è una pura questione di sopravvivenza, chiamiamolo pure darwinismo musicale, e solo i più forti – ma non necessariamente i più bravi – ce la fanno. Non voglio fare nomi o citare casi specifici, ma ammetterete tutti che nel solo ambito dell’indie rock ci siano in giro moltissimi prodotti degni della testa di Indie Music Like che si vedono scalzati dal podio, o ancora peggio dimenticati, a favore dei prodotti major che suonano, e mi viene da sorridere amaramente, “indie.” Ora passerei la palla a voi lettori e amanti della musica; rischio, lo ammetto, di poter suonare un po’ pedante e comincio a percepire una certa arsura in fondo alla gola. BE INDIE BE FREE!
GIORDANO SANGIORGI (MEI/AUDIOCOOP): Mi sembra che la posizione più equilibrata sia quella espressa da Finardi che, a mio parere, rimane l’unica per salvare in un circuito virtuoso la musica, e non solo quella indie, in un momento in cui si parla di mera sopravvivenza. I numeri oggi sono bassi, bassissimi, anche per le major e allora ben vengano i prodotti indie editi dalle major, che a te DOC non vanno proprio giù, o le collaborazione tra i due mondi se questi servono alla salute della scena. Semmai il discorso che fai tu andrebbe rivolto proprio a partire da oggi al circuito di YouTube e a quello che vi entra o meno. Partecipate!