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Random

Progetto hardcore dall’alto contenuto di adrenalina per uno dei membri fondatori della Machete Records già anticipato nel recente Machete Mixtape Vol. III. En?gma questa volta incrocia il microfono con i Kaizén, band sarda dai trascorsi britannici, che ben si trova a miscelare i ritmi dubstep & drum’n’bass con reminiscenze metal. Random è il risultato di questo incontro e propone un’interessante alternativa per i club che volessero differenziare la programmazione senza farsi mancare una copiosa pioggia di sudore. Nella tracklist, a dimostrazione di un’attenzione particolare all’atmosfera high energy, anche cinque tracce strumentali.

KAIZÉN & EN?GMA, Random, Machete Empire Records 2015

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PERCHÉ GLI ANTEA: Non si offenderanno certo gli Antea se l’incipit del loro album ricorda St. Anger dei Metallica. Il quartetto metal genovese proprio dalla band statunitense muove i suoi passi dimenticando, quasi non fossero mai esistite, le incertezze tipiche di ogni esordio. Il resto è – credete il termine non è buttato lì a caso perché suona bene – un’entusiasmante cavalcata epica che di wagneriano non ha nulla solo perché concepita e suonata nel secolo sbagliato. Seguendo però lo schema di un’opera classica, il disco riesce a diluire l’aggressività e la frenesia del trash con la precisione assassina di band come i Korn e i Tool. Non perdete tempo a sorprendervi della loro italica provenienza; correte, invece, a poggiare le orecchie sopra Trepverter.

ANTEA, Trepverter, Taxi Driver Records 2014

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PERCHÉ I RONNY TAYLOR: Al di là della cover – un chiaro omaggio a Songs for the Deaf dei Queens of the Stone Ages – il rock strumentale dei torinesi Ronny Taylor non ha molti punti di contatto con la band di Josh Homme. Piuttosto trova solidi riferimenti nell’hard rock anni Settanta dei Deep Purple e nel filone progressive, in particolare nel sapiente prog metal che gli inglesi Threshold portarono al successo tra i tardi anni Ottanta e primi Novanta. Pur rimanendo legato agli esempi sopraccitati, nel complesso il quartetto appare ricco di idee frizzanti e, cosa più importante, non privo di spunti per il presente ma anche per il futuro sonoro.

RONNY TAYLOR, Dateci i soldi, 2013

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PERCHÉ I THE JACKALS: Svezzati a Black Sabbath e metal anni Ottanta, i milanesi The Jackals sembrano avere decifrato assai bene le instabili condizioni del panorama musicale italiano prima di avventurarvisi. Lo studio ha dato i suoi frutti e, dopo un cambio di formazione, si è concretizzato in quello che potremmo chiamare per semplicità e con un pizzico di divertimento “metallorato alternativo” ©, ovvero una azzeccato meticciato sonoro che sposa, in nome dello spirito dell’indipendenza musicale, generi tra loro antagonisti come metal, cantautorato e rock alternativo. A ciò aggiungiamo una voce di carattere, quella di Davide Simontacchi, che persegue la precisione senza, però soffocare, la passione.

THE JACKALS, Pasto crudo, Dedolor Records 2014

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PERCHÉ I CIBO: Da Torino una della band rock più toste e dissacranti dell’intero panorama nazionale. L’approccio, senz’ombra di dubbio, è quello da stalker dei Motörhead di Lemmy ma c’è anche il disarmante sarcasmo che in passato ha fatto la fortuna degli Skiantos. Insomma l’originale matrice su cui si erge e si mantiene il disco man mano che ci si addentra nella tracklist tende a inglobare con una naturalezza irritante – per chi non riesce nell’operazione – elementi del punk, della musica funky e, persino, del metal più spinto. Il tutto, però, rimane sempre in un’ottica musicale di puro divertimento.

CIBO, Incredibile, Inri 2014

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PERCHÉ I FUZZ: Ty Segall, cantante, batterista e animatore della nuova scena psichedelica Californiana, trova, insieme al chitarrista Charlie Moothart e al bassita Roland Cosio, una nuova via per mantenere rigoglioso l’albero della creatività fondendo l’originale matrice lisergica con i Black Sabbath e la preistoria del metal e un’esuberanza sonora à la Jimi Hendrix. Il risultato è un album di 37 infuocati minuti che nella nella ricerca di un casserole sound sembra ritrovare i picchi di genialità dei Jane’s Addictions. Fuzz vi sorprenderà portando a spingere lo sguardo oltre le quotidiane barriere sonore.

FUZZ, Fuzz, In The Red Records 2013

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PERCHÉ I O GRANDE OGRO: Quattro solide tracce strumentali che lanciano in orbita il funk-metal australe 2.0. I paulisti O grande ogro spremono a fondo il pentagramma e gli strumenti per sfornare torridi riff heavy che ben si accompagnano a una sezione ritmica così appiccicosa e viscerale da tagliare il fiato. Poco o nulla sembra resistere a questa possente coltre sonora che cita en passant anche gli anni Ottanta. Gli spettatori sono avvisati!

O GRANDE OGRO, O grande ogro EP, 2013

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PERCHÉ I R-EVOLUTION BAND: Hanno usato la musica, e nello specifico l’opera di Waters, come una grande costruzione di Lego da smontare e rimontare. I pezzi del mosaico sono gli stessi ma la nuova creatura, seppure legata da forte parentela, cammina con gambe proprie. Tra metal, etnica, jungle, free jazz, rock e blues.

R-EVOLUTION BAND, The dark Side of the Wall 1979-2013, Wide Prod. 2013

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