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Rompiamo subito il ghiaccio affidandoci alla curiosità, com’è nata l’idea di JOE COLOMBO racconta il blues?

È nata da un’idea di Matteo Ceschi che mi ha proposto di lanciarmi in questa avventura e mettere in piedi lo spettacolo praticamente da zero, senza sapere esattamente quale responso aspettarci da parte del pubblico e soprattutto quanto interesse avrebbe suscitato l’idea. Si è pensato di costruire qualcosa in un momento difficile per la musica e, più in generale, per la cultura. È stata una vera e propria avventura, lo ammetto, e grazie a Anna Bonel, attrice e direttrice del teatro LabArca di Milano, e a Giordano Sangiorgi del MEI di Faenza, che ci ha sostenuto, ha preso forma ed è andata a buon fine.

Il pubblico del teatro è sicuramente diverso da quello dei concerti ma non è detto che sia totalmente digiuno di blues come si potrebbe pensare. Dal palco quali reazioni sei riuscito a registrare? E cosa hai preparato per intrattenere questa platea sicuramente più esigente del solito?

Non mi piace etichettare il pubblico in “più esigente” o “meno esigente”, la musica è una forma d’espressione che deve toccare tutti senza categorie d’élite. Anzi, nel corso delle quattro serate, ho avuto l’impressione che il pubblico non fosse per niente “impreparato al blues”. Al contrario, mi è sembrato di parlare ad ascoltatori con indirizzi musicali e stilistici già ben definiti nell’ambito del blues stesso. Ma la cosa fantastica è stata che ognuno si è aperto anche a nuove “sfaccettature” della musica del diavolo. In realtà è stata l’energia che si creava nell’aria durante le serate a rendere speciale ognuno dei quattro appuntamenti a prescindere dall’argomento trattato, il blues rurale o la Generation Blues 2.0. Ogni scelta, ci tengo a precisare, è stata molto personale sia da parte mia che da parte di Matteo Ceschi: sicuramente abbiamo tralasciato molti nomi e aneddoti legati alla Storia del Blues, ma lo scopo della rassegna non era quello “di fare la lezione”, ma di presentare il blues secondo una visione intima e personale.

Terminata la rassegna teatrale milanese, pensi di portare in giro lo spettacolo di JOE COLOMBO racconta il blues?

È giunta qualche proposta interessante sia dall’Italia che in Svizzera e sarebbe assolutamente fantastico realizzarle e portare avanti questa rassegna e magari ampliarne i contenuti. Chiaramente, essendo nata senza nessuna particolare aspettativa ma soprattutto per piacere e passione da parte di tutte le persone che hanno collaborato, bisognerà fare un ulteriore passo avanti per migliorare. Ammettiamolo, siamo stati presi piacevolmente alla sprovvista poiché non ci aspettavamo proprio un riscontro così grande, ma stiamo lavorando per rendere lo spettacolo più definito senza, però, perdere quella spontaneità e quell’energia che sono state il segreto del suo successo.

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Buon successo di pubblico per la prima serata dello spettacolo teatrale JOE COLOMBO racconta il blues al teatro LabArca di Anna Bonel a Milano realizzato in collaborazione con il Meeting delle etichette indipendenti di Faenza. Nel corso dell’ora e mezza di musica e reading – su testi di Matteo Ceschi – che hanno ripercorso le origini della musica blues, il chitarrista svizzero, accompagnato per l’occasione da Kasia Skoczek, partner in un nuovo progetto artistico, ha dato prova ancora una volta di tutta la sua bravura confermando di essere uno dei migliori strumentisti europei. Oltre a Robert Johnson, le esecuzioni hanno visto susseguirsi tra gli altri brani di Bessie Smith e di Blind Willie Johnson. It Hurts Me Too di Elmore James ha chiuso lo spettacolo anticipando la seconda serata della serie, quella dedicata all’Urban & Chicago Blues del prossimo 14 febbraio.

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